Arturo Santillo: l'Angelo parallelo

Le scelte parallele di Silvia Campese

È un dualismo ontologico, intrinseco nell’uomo, quello con cui deve fare i conti l’Angelo parallelo di Arturo Santillo. Un angelo che si scontra con l'atavica lotta tra il bene e il male, tra il corpo e l’anima, tra la purezza e il compromesso. Un angelo dei giorni nostri che conserva, nel suo ossimorico tormento, la piena umanità dell’imperfezione e della carnalità. Lo raccontano le linee, le campiture, i movimenti dei corpi che l’artista sottopone a una naturale evoluzione dove la figura umana si dipana nel non finito. In una citazione michelangiolesca, gli uomini e le donne raffigurati — siano episodi mitologici o biblici — fanno i conti con un tratto pittorico indefinito che si perde nello sfondo, gesso e tecnica mista su cartoncino, assumendo le sembianze di uno strappo d’affresco, rubato da chissà quale chiesa o palazzo. Anime che fuoriescono da corpi-involucro, uomini bendati che si risciacquano in un battesimo ideale, donne alate che dialogano con un serpente: tutti soggetti tormentati dal non finito che si porta via il compimento di una narrazione privata del proprio epilogo. Ed è qui che stanno la modernità e l'innovazione dell'opere di Santillo che prosegue una personale ricerca: le citazioni tematiche non impongono più alle figure un destino e una storia già scritti.

Il "Lazzaro" dell'artista genovese, come la "Deposizione" o l'"Adamo e Eva" esulano dall'iconografia che conosciamo per raccontare la modernità e l'attualità di ciascun protagonista. Lazzaro, che ritorna alla vita aprendo nuovi occhi sul mondo, non ha chiaro cosa l'attenderà, Adamo e Eva, scoperta la colpa originale, imparano a conoscere ciò che non è eterno e perciò destinato a finire provocando dolore: gli angeli sono attratti dal male senza vergogna.

Un viaggio alla ricerca di una umanità che abbia raggiunto l'accettazione del limite e della caducità: tutto questo raccontano i personaggi di Santillo che anelano all'alto con paura e incertezza. Tanto che l‘angoscia si fa esplicita nelle opere a sfondo nero dove i soggetti raffigurati in bianco, risultano avvolti nel gioco del chiaro-scuro. Le figure perdono definizione anatomica, ma acquistano la forza del linguaggio contemporaneo attraverso una silhouette divorata dal nero.

Stessa ricerca avviene nella ceramica dove i corpi emergono dalla superficie asportando la polvere pittorica, ancor prima della cottura, in un lavoro delicato e preciso. Sino alla Sintesi di alcune opere in cui una sorta di vorticismo consuma i confini dei corpi per generare dinamismo ma anche per travolgere nel ca os i personaggi, in balia di una battaglia impari. La dignità dell'homo novus di Santillo sta proprio in questo: nell'indecisione, senza vergogna del peccato, tra il bene e il male; nella tentazione, che non teme la vergogna e la colpa; nel limite della propria umanità, capace di gesti meravigliosi ma anche di azioni miserrime. Un uomo in cui ciascuno si puo specchiare trovando, o ritrovando, la propria condizione fragile, ma anche la propria eccezionalità. La voglia di vita e, insieme, il desiderio di morte.

L’attrazione per la bellezza, ma anche per l’orrore. Il desiderio di purezza, ma anche l’incapacità di rinunciare al piacere. Un Angelo parallelo immerso nella ricerca del “nosce te ipsum” agostiniano, pronto a scoprire la verità che si porta dentro, bella o brutta che sia. Per un cammino interiore che passa per le tenebre ma che, alla fine, racconta un po’ della luce dell’uomo.