Sono trascorsi, ormai, due anni dalla
rassegna espositiva che si è svolta presso il Palazzo delle Azzarie di Savona
(una mostra che ha visto insieme lstituzioni pubbliche, Associazioni culturali
tra cui quale capo fila proponitore l’allora Delegazione provinciale del Fai
di Savona da me diretta e la Diocesi di Savona e Noli) ed Arturo Santillo si
presenta in un nuovo appuntamento artistico e culturale presso la prestigiosa
sede di Palazzo Ferrero - Colonna - Cambiaso (Villa Cambiaso), divenuta grazie
all’impegno di Pio Vintera, un punto di riferimento per le arti in generale.
Questo deve essere considerato il suo battesimo quale artista con la ceramica,
oltre a presentare le sue ultime fatiche di pittore.
Un avvenimento, quindi,
di grande spessore perché Arturo Santillo frequentando Savona e tanti amici,
anche ceramisti, ha voluto imparare l’antica arte di manipolare la terra e di
farla cuocere nel magmatico fuoco del forno del Circolo “N. Poggi” di
Albissola Marina. I volontari del Circolo, la sua infaticabile Presidente, il
"maestro” Gianni Picazzo hanno trovato in Arturo terreno fertile per potergli
trasferire il loro entusiasmo e la loro capacità tecnica. Capite le regole,
Santillo ha iniziato a fare da solo i suoi passi nell’entusiasmante e complicato
mondo della ceramica. Nascono, in tal modo, le sue ceramiche”: opere scultoree,
ricche di pathos, di ricerca interiore, di studio anatomico, di intenzione di
voler scoprire e trovare un proprio linguaggio originale grazie ad un materiale
tanto antico e povero (la terra) che può trasformarsi, con l’estro di chi ha
voglia di acquistar cognizioni e di dialogare con il Sansobbia ed il Letimbro
e con le importanti fornaci albissolesi, in una nuova "pagina” da scrivere con
la creatività vivace e singolare di cui è certamente titolare. La ricerca che
Santillo ha iniziato a fare con questa materia, per Lui per nulla simile a
quanto già noto, ci mostra, comunque, l’intuito, la sensibilità, il gusto, il
talento particolare di questa Persona che viene, in un certo modo, esaltato
dalla superficie della “sua” ceramica, dagli ossidi, dalle trasparenze, dalle
emozioni non solo visive, ma pure tattili, che questi fogli” di terra riescono
a regalarci.
La mostra di Villa
Cambiaso deve essere intesa quale vera e propria anteprima italiana per
Santillo: la critica e il pubblico potranno guardare queste teste di uomo cave,
il raffinato lavoro di modellazione, l’acquisita capacità tecnica, l’acuta e
sensibile trattazione cromatica.
Le tele, anche di grande
dimensione, affiancano tale “debutto” che diviene, perciò, un’ouverture, ovvero
un’apertura sul complesso mondo artistico e della raffigurazione di Santillo.
Il percorso tematico ed iconografico continua, quindi, attraverso l’indagine
dedicata a Salomè: opere di squisita eleganza creativa e di intima
partecipazione che scandiscono e sottolineano lo stile di questo Artista. Tale
tema fa parte di un più articolato e complesso progetto santillano dedicato “al
male” (presto Arturo si occuperà della figura di Caino mentre ha già studiato
quella di Giuda) ed al suo rapporto con l’uomo contemporaneo. Salomè è la
moglie di Zebedéo, madre di Giacomo e di Giovanni, ma è colei che chiese ed
ottenne la testa di Giovanni Battista. Giuda è l’apostolo che consegnó Gesù ai
suoi nemici e che si penti a tal punto del suo crimine che, per rimorso, si
impiccò. La figura di Giuda quale traditore “per trenta denari” è stata oggetto
nel tempo di molte raffigurazioni artistiche, basti pensare al rilievo di
Wiligelmo inserito nel portale del duomo di Modena, cosi come il tema
iconografico più classico del “bacio di Giuda”. Santillo ritiene importanti
tali gesti di queste figure simboliche per avviare la sua ricerca sul “male”
nella vita contemporanea: Ia morte richiesta, il tradimento sono motivi profondi di riflessione per
ampliare il suo sforzo di artista.
Egli parte da spunti antichi, da storie che ormai fanno parte della nostra
cultura per filtrarle con l’occhio dell’uomo moderno, al fine di cercare il
senso del nostro vivere. Temi forti risolti con una pittura originale nella
parte compositiva ed in quella cromatica, collocati in uno spazio senza tempo,
in una luce che è, pure, intensità di coscienza.
Dalla Salomè alle opere
aventi tematiche, in qualche modo, legate alla tradizione biblica, Santillo
indaga l’uomo con le sue capacità di attento e lucido disegnatore, tratteggia
fraseggi poetici con l’alchimia dei suoi colori soffusi, mai gridati dalle
gamme squillanti, lavora sulle “parole” tracciate dal pennello per creare una
silente poesia visiva. Ci parla di storie di uomini e di donne attraverso
immagini, segni, luci che sanno trasferire la realtà di ieri in racconti di
oggi. Corpi nudi e infiniti, adagiati nella luce interiore, in un panorama
senza geografia reale ma pura forma, colore e trama ad un tempo, in una sorta
di “matrimonio” degli opposti: un’unione profonda, come noi mortali sogniamo.
DaI letargo della ragione alla rinascita della poesia, fino all’estate della
nostra infanzia dove la trama delle parole e dei gesti, assieme alla semplicità
dello spazio, permettono alla luce, al sole di imprimere a fuoco i ricordi
sulla nostra epidermide. Santillo ci aiuta a guardare; grazie alla sua estrema
sensibilità, il guardare diventa capire e comprendere, ed in qualche modo anche
appartenere.
L’accostamento
tele-ceramiche ci appare perfetto nell’equilibrio dei temi scelti e nella cura
dell’allestimento: pochi pezzi indicativi inseriti nell’antica cornice dei
saloni di Villa Cambiaso dove il visitatore riceve il benvenuto attraverso l’eleganza
della fontana dei delfini e delle rare, opera forse disegnata da Gian Lorenzo
Bernini, e probabilmente donata da Papa Pio VII in occasione delle nozze tra
Bianca Maria Caterina Colonna e Giovanni Battista Cambiaso. Storie di donne e
di uomini che sono ricordati in questo antico Palazzo anche dagli affreschi di
Giuseppe Ferro: busti di giovani donne. In tale clima il lavoro, la ricerca di
Arturo Santillo ha trovato un’ambientazione culturale efficace e la modernità
del suo racconto per immagini (quadri che possono essere letti come angoscianti
oppure silenti e sculture ceramiche innovative nella forma e nella trattazione
della materia e nella cromia sensuale ed accattivante) viene risaltata da
questa particolare cornice.
Santillo, artista
genovese, ha ascoltato, ancora una volta, il richiamo di chi prima di lui (il
riferimento è alla scuola Cobra, a Lucio Fontana, a Fabbri e tanti altri) ha
voluto lavorare ad Albisola proprio perché patria della ceramica, anche quella
d’arte, e questa rassegna espositiva deve essere intesa quale sorta di
“accademia” finale per chi ha “frequentato” quell’ambiente e ci vuole
dimostrare cosa ha imparato ed assimilato.
Le riflessioni, le
critiche, il dibattito aiuteranno, certamente, tutti a conoscere meglio questo
Artista contemporaneo che ha cercato e trovato, mi pare di poter dire, Ia sua
strada, lavorando moltissimo in silenzio, con costanza, con curiosità, con
impegno intellettuale, fuori dagli schieramenti e dagli schemi per regalarci
momenti ed evenienze che lasciano, in ogni caso, il segno: il “segno” di
Arturo Santillo.
Silvia Bottaro